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Il BAROCCO. PALAZZO DUCALE E LA SUA ESPOSIZIONE
di Raffaella Saponaro Monti-
Genova ha dedicato un’ampia e attraente mostra sul Barocco che si estende, a partire da Palazzo Ducale: "La forma della meraviglia. Capolavori a Genova 1600 – 1750", per continuare nei Musei di Strada Nuova e in antiche, sontuose Dimore della città. Il Seicento, per Genova secolo florido e indimenticabile, è stato a lungo oggetto delle critiche più varie. Talvolta sottovalutato come esaltasse solamente l’apparenza oppure usato come aggettivo per indicare qualcosa di troppo elaborato e stucchevole, ha segnato, invece, una significativa svolta aprendo una strada alla modernità in campo artistico (pittura, scultura lignea e in marmo), architettonico, musicale, letterario, perfino nell’oreficeria, negli arredi e altro. La gente si sentiva smarrita di fronte alle fondamentali scoperte che ne avevano capovolto i valori: Copernico, Galileo e altro avevano mutato le idee che erano rimaste punti fermi per lungo tempo. È originale come nasca il nome Barocco, che avrebbe dato inizio a un secolo destinato a lasciare un segno: infatti non ci si aspetterebbe che fosse derivato dal termine portoghese "barroco", in spagnolo "barrueco", che fa riferimento a un genere di ornamento imperfetto ma molto diffuso: la "perla scaramazza", vale a dire irregolare, nonostante oggi attiri l’attenzione, come tutto ciò che è diverso, per la sua strana forma. Il Barocco come periodo culturale, sociale, artistico, colmo di scoperte, è nato nel 1600 per terminare nel Settecento inoltrato. Ne è nato un vero e proprio stile: i particolare degli interni in ricchi palazzi sono adorni di sapienti dorature più o meno copiose; vi sono dei simboli, come la conchiglia, che ne contraddistingue il periodo oltre all’estetica, di svariati ornamenti. Nei Luoghi di Culto gli affreschi e i decori ci riempiono gli occhi. Questo periodo rappresenta un’evoluzione rispetto al "manierismo", una pittura "di maniera": lo studio nonché l’ammirazione per la classicità aveva indotto gli artisti a ispirarsi alla loro meticolosa perfezione. Il Barocco, invece, come si nota nella mostra di Palazzo Ducale, dà sfogo alla poliedrica capacità di espressione; è un dialogo fra la mano del pittore e un pubblico che osserva con stupore le immagini coinvolgenti per le sfumature, le luci e le ombre applicate ai soggetti. Era il periodo dei Governi Assoluti ma era anche il momento della Controriforma contro la Riforma Protestante: la Chiesa, i Papi, i Religiosi in genere chiedevano quadri, di consueto grandi, o affreschi che potessero attrarre per fare comprendere meglio e con chiarezza il significato degli episodi di Storia Sacra. Del resto anche le grandi Famiglie di Genova e altrove fecero la loro parte: in parecchie di queste si nota l’amore per il collezionismo. Le committenze più importanti furono la Chiesa e le Famiglie che avevano un ruolo o politico o economico in città. Come accadeva per i dipinti, così accadeva per il marmo e le statue lignee, ad esempio quelle del più che noto Maragliano, una vera e propria istituzione per Genova e altrove, visto che gli artisti erano in contatto fra loro da Roma alle Fiandre con comunicazioni che, considerando l’epoca, erano più veloci delle nostre, dotati come siamo di strumenti sofisticati. È splendida la statua in marmo bianco di Carrara di Pierre Puget. L’artista vide la luce a Marsiglia ma volle venire a Genova per progettare l’architettura di alcuni marmi destinati alla cappella di Stefano Lomellino, il quale stava attendendo l’ "Immacolata" marmorea ora posta sull’altare della Chiesa di San Filippo Neri. Nello stesso periodo partì la sua scultura da Marsiglia, ma non si sa la data di arrivo, probabilmente mentre Puget stava lavorando ai marmi. Il capolavoro a cui alludo è "Madonna col Bambino", un gruppo straordinario di una tale leggerezza che la figura dolcissima della Madonna, mentre sostiene il bambino, ha la medesima mobilità di una Madre e un panneggio talmente morbido da trasformare il marmo in tessuto. Per giungere a Genova e portarvi la "Madonna", sua creazione, aveva chiesto il consenso a Jean Baptiste Colbert nel 1681, per poi indirizzare una lettera a Re Luigi XIV nel 1692, informandolo della commissione professionale. Un’altra figura statuaria, ancora in marmo bianco di Carrara appartiene alla mano felice di Filippo Parodi, aerea nella sua purezza mentre la Madonna è appoggiata sulle nuvole, schiacciando il serpente con il piedino. La "Madonna Immacolata" (1688-
Fra i dipinti non può mancare il mitico Gregorio De Ferrari dai colori brillanti su fondo scuro per meglio mettere in risalto la figura di Francesco Maria Sauli in un sontuoso abito di Doge, giunto a questa carica dopo un attento e impegnativo percorso diplomatico. La veste rossa, con sfumature di luce sull’abito dogale, alle spalle un ambiente scuro proprio perché tale luce emani dal personaggio, la sericità della veste, la postura delle mani creano un movimento che si distingue. In una collezione privata è presente un ulteriore ritratto, eseguito da Domenico Piola, di Francesco Maria Sauli in veste di Doge, sempre in tunica rossa con collarino bianco. A proposito di rosso, non si può che essere ammirati di fronte all’abilità pittorica di Antoon van Dyck in un ritratto a figura intera di "Agostino Pallavicino in veste di ambasciatore presso papa Gregorio XV". Sullo sfondo ha un’ambientazione più completa. Il protagonista del ritratto indossa il robbone dogale sovrastato da uno dei suoi famosi collari pieghettati bianchi di vera eleganza come le sue pennellate eccezionali. Tale olio su tela si trova a Los Angeles presso The J. Paul Getty Museum. Altri ritratti del 1623 (olio su tela) in mostra di Antoon van Dyck, estremamente significativi, sono dedicati a due aristocratici bambini, Filippo Cattaneo che all’epoca aveva quattro anni e mezzo e Maddalena Cattaneo che aveva compiuto un anno e mezzo o poco più. È un fatto eccezionale che van Dyck abbia eseguito due ritratti singoli a due bambini: infatti, di solito, le famiglie aristocratiche desideravano che i genitori fossero raffigurati nei ritratti insieme ai figli. Oppure due o tre bambini insieme: infatti "all’artista fiammingo in qualche occasione, a Genova e in Inghilterra, venne richiesto di raffigurare sulla stessa tela due o più fratelli – è opportuno segnalare che a Londra lo fece quasi esclusivamente per i figli del Re, e per i due del duca di Buckingham, l’uomo più potente del regno dopo il sovrano – e se è ben più raro che un bimbo sia protagonista unico, addirittura che abbiano avuto singole effigi en pendant due fratelli: oltre a Filippo e Maddalena Cattaneo, si conosce solo il caso di Filippo Francesco e Carlo Emanuele d’Este, rampolli ormai adolescenti di un ramo cadetto della casa dei duchi già di Ferrara – e, a quella data, di Modena – "che si era ulteriormente qualificato imparentandosi con i duchi di Savoia" (Piero Boccardo). Filippo ha con sé un cane, come spesso compare nei ritratti, ha un abito elegante su una figura rotondetta: le vesti sono dipinte in tutti i loro particolari, due occhi scuri sgranati e la classica posa di tre quarti, come si conviene a un aristocratico. Maddalena ha un visetto arrotondato, la pelle bianca e rosa, i capelli biondi e soffici, lo sguardo dolce in due occhioni spalancati. L’abito è luminoso e molto elaborato, dipinto con tale maestria che si potrebbe riprodurre. Alle spalle, c’è un cuscino rosso con nappe forse per giocare o forse per evitare cadute. Non c’è particolare che sfugga all’occhio acuto di van Dick.I quadri si trovano abitualmente alla Washington –Gallery of Art-