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Crosby, Stills, Nash e Young : Four way street
Nota critica di Fabio Landi
Il mio incontro con questi signori risale alla pubblicazione del primo, mitico C.S. e N., quello dell’altrettanto iconica foto dei tre seduti all’aperto, su un divano molto aged. Diverse canzoni del disco che vi propongo comparivano già nel primo ed anche nel secondo disco : Deja vù . La ragione per cui ho scelto Four Way Street ha a che fare col fatto che si tratta di una registrazione live, una dimensione molto congeniale al gruppo . Inoltre – tra i miei amici – questo risultò sicuramente il disco più condiviso, il più ascoltato insieme. Ci si vedeva a casa di uno di noi, non per tenerlo in sottofondo alle nostre chiacchiere: no. Lo scopo del darsi appuntamento era quello di ascoltarlo, commentarlo. Quando l’originario terzetto si creò, l’inglese Graham Nash era il più celebre dei quattro: aveva già venduto coi suoi Hollies parecchi dischi. Stephen Stills e Neil Young lavoravano insieme e litigavano già dai tempi della loro partecipazione ai Buffalo Springfield. Crosby proveniva dai Byrds, un altro gruppo molto importante della west coast music. Stephen Stills, funambolico polistrumentista del primo disco nonché insigne chitarrista, si era stancato di avere troppe responsabilità sulle spalle ed intendeva reclutare nel gruppo un secondo chitarrista. Senza timori reverenziali, si rivolse a dei pivellini come Jimi Hendrix, Eric Clapton e George Harrison: tutt’al più mi diranno di no, pensava. E così fu, ma non per snobismo, ma perché erano tutti già molto impegnati in altri progetti. Quello che disse di sì fu infine Neil Young e certamente non si trattò di un ripiego. Una curiosità: Stills riuscì poi, nel suo primo album da solista, a realizzare il sogno di suonare con Hendrix e Clapton , rispettivamente nei brani : Old times good times e Go back home.
Crosby, Stills e Nash erano diventati delle star già nel 1969, dopo la loro scintillante performance a Woodstock. Four way street rappresenta pertanto un disco dove lo straordinario affiatamento vocale e strumentale del gruppo appare molto maturo. Nell’avvicinarsi o riavvicinarsi a questi protagonisti assoluti della musica degli anni Settanta, a mio avviso non è scontato sottolineare anche quanto siano rimasi legati tra di loro nel corso dei decenni. L’amicizia profonda più nota è stata quella tra Crosby e Nash (bellissimo il loro primo album in duo), ma anche Stills e Young, in fondo, si volevano bene litigando. Per come sono fatto io, il fatto che questo gruppo non ci abbia regalato, insieme alla musica, anche il dolore ed il lutto delle separazioni (si pensi a quelle dei Beatles, dei Cream, dei Pink Floyd), ha una sua importanza. Chi sia innamorato della musica e degli artisti, delle volte, finisce per affezionarsi anche alla favola che possano esistere amicizie eterne.
Carry on di Stills era comparsa in Deja vù, ma in questa incisione è presente con una estesa versione elettrica, densa degli assolo di Stills e Young e molto coinvolgente. Il gruppo la ripropone live così ancora oggi e non si resiste alla tentazione di cantarla tutti insieme a loro. Le singole esecuzioni del doppio disco non possono che essere definite altrettante perle; commentarle non aggiungerebbe nulla, anzi forse toglierebbe magia all’esperienza dell’ascolto, l’unica che renda veramente omaggio alla musa della musica. Voglio pertanto limitarmi a due citazioni di altra natura. C.S.N. & Y. sono stati un gruppo ad elevato impegno sociale e politico: ad esempio, il pezzo Ohio fu scritto da Young per dare un tributo a quattro giovani uccisi dalla polizia mentre protestavano contro la guerra in Vietnam, il 4 maggio 1970. Confesso che, anche ora che sono anziano ed i miei figli sono grandi, Teach your children di Graham Nash continua a strapparmi non solo un brivido, una grande nostalgia per quegli anni, ma anche qualche lacrima. Ho provato a non piangere più quando la ascolto, ma proprio non ci riesco!
Tu che sei in viaggio/ devi avere un codice per stare al mondo/ e così, diventa te stesso/ perché il passato è solo un addio/ insegnate bene ai vostri figli/ l'inferno dei loro padri è passato lentamente/ e nutriteli con i vostri sogni/ vedrete da soli quello che sceglieranno / Non chiedetegli mai "perché?"/ se ve lo dicessero, piangereste/ quindi guardateli , sospirate/ e sappiate che vi amano.
D’accordo, si sa : i figli sono frecce che devono essere scoccate in cielo libere, verso il futuro della loro propria vita, ma avete mai ascoltato una canzone capace di raccontarlo così?
Fabio Landi è nato e vive a Roma , è sposato e ha due figli. Sociologo di professione, dirigente pubblico e professionista, si è occupato a lungo soprattutto di contrasto all'esclusione sociale, fasce deboli e politiche comunitarie di coesione. Il suo cuore batte da sempre anche per la musica, il cinema e la letteratura. Lo scorso luglio 2020, preso il coraggio a due mani, ha pubblicato la sua prima raccolta di racconti : "L'odore delle emozioni." .