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Allman Brothers Band “Idlewild soul”
Nota critica di Fabio Landi
Quando ero ragazzo, i mie risparmi finivano tutti in ellepì: era diventato una specie di rito per me, quando ne avevo abbastanza, m’incamminavo verso i negozi del centro di Roma, i più forniti. Una volta lì, tiravo fuori una stropicciata e densa lista di autori e acquisti dei miei sogni e mi mettevo in cerca del disco del mese. Accidenti, però; quanto costavano! Era arduo scegliere e soprattutto non si doveva correre il rischio di sbagliare. Invece, a volte capitava lo stesso. Un pomeriggio ero a spasso in un quartiere diverso dal mio ed entrai in un nuovo negozio. A Roma, dei negozi così si dice : “è grosso e fregnone”, per significare che i loro grandi spazi sono male utilizzati e la scelta che propongono è assai carente. Però, “Music Store” aveva un reparto di dischi scontati e quell’ ellepi’ aveva anche una copertina intrigante: non immaginavo che lì sarebbe iniziato il mio grande amore per la “Allman Brothers Band”.
Quando poggiai per la prima volta la puntina del giradischi su “Idlewild south” rimasi stregato dal cosiddetto “rock sudista”, dal loro blues sanguigno e coinvolgente e dagli assolo dell’organo e delle chitarre, che si snodavano sul tappeto ritmico di due batterie. Fu il mio primo incontro con uno dei migliori chitarristi di sempre: Duane Allman, il fratello sfortunato, morto giovanissimo in un incidente di moto il 29 ottobre del 1971 a soli 24 anni. Una meteora che percorse velocissima il firmamento musicale e che tuttavia fece in tempo a lasciare un segno indelebile nella storia del blues. Persino il sommo slowhand Eric Clapton si accorse di lui. Più o meno un anno dopo, Berry Oakley, il bassista della band, morì alla stessa età, in moto, a pochi isolati di distanza dall’incidente precedente e alla stessa età di Duane. Ce n’era abbastanza per poter parlare della maledizione degli Allman Brothers, ma Greg Allman non si fece scoraggiare.
Se Duane era un fenomeno negli assolo, il fratello Greg -
“In memory of Elisabeth Reed” era il pezzo forte del disco, un brano solo musicale di sei minuti, che nelle esecuzioni dal vivo gli AB potevano portare anche a quaranta. Ma il primo brano che ascoltai e che mi aprì il cuore e la mente fu “Midnight rider”, un brano di Greg che vi fa volare su una strada che porta all’infinito, con in tasca un solo dollaro d’argento:
No, I'm not gonna let 'em catch me, no
I'm not gonna let 'em catch the midnight rider
No, non lascerò che mi prendano, no
Non lascerò che catturino il cavaliere di mezzanotte
Era, la Allman Brothers Band, il tipico gruppo che “live” offriva il meglio di sé ; consiglio vivamente il doppio “Live at Fillmore East” e l’altro doppio : “Eat a peach” . In quest’ultimo, Il grande Duane ci aveva già lasciato, ma il sound della band era sempre eccellente. Fino ad allora, eravamo persuasi che il rock volesse dire sostanzialmente Jimi Hendrix, Cream, o Grateful Dead, ma “Idlewild soul” persuase tutti che c’erano anche loro, eccome! E per quando sarete già nella magia del loro sound elettrico, sarete anche pronti per “Allman Brothers unplugged and live” , blues acustico da brividi!